Dal 8 maggio
al 6 luglio 2025
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Dove non sono mai stato, là sono - Una Boccata d'Arte: 5 anni, 100 borghi, 100 artisti
Dal 8 maggio
al 6 luglio 2025
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“Perché il paesaggio è organismo vivente dalle capacità tattili: tocca i nervi scoperti dell’anima e li fa vibrare. Se glielo consenti. E perché non è solo bella veduta, ma ragnatela in cui resta avviluppato il pensare e il fare delle generazioni.”
Prof. Mattia Pacilli, abitante di Bassiano (LT) per Una Boccata d’Arte 2024

Dove non sono mai stato, là sono è un racconto dei primi cinque anni di Una Boccata d’Arte, il progetto diffuso nato nel 2020 da un’idea di Marina Nissim e realizzato da Fondazione Elpis. Il meccanismo è semplice: ogni anno venti artisti trascorrono un periodo di residenza in venti borghi e paesi al di sotto dei cinquemila abitanti e fuori dalle principali rotte turistiche, uno per ognuna delle regioni italiane, entrando in connessione con il contesto locale e immaginando una restituzione in forma di intervento artistico, che può essere temporaneo o permanente. Dopo la prima edizione, nata come reazione quasi spontanea all’improvviso azzeramento delle iniziative culturali dovuto alla pandemia, anno dopo anno Una Boccata d’Arte ha continuato a interrogarsi sulla propria visione e sul proprio modus operandi e ha visto ampliarsi il raggio d’azione fino a raggiungere i cento progetti realizzati in cinque edizioni, ovvero cento artisti e cento paesi coinvolti da quando il progetto è partito (saranno diventati centoventi quando questa mostra arriverà al termine).
Al centro di questo grande mosaico c’è la volontà di far incontrare persone e luoghi e di creare possibilità inedite e insolite di dialogo e arricchimento reciproco tra artisti e comunità locali, immergendosi in contesti che nella maggior parte dei casi sono avulsi dalle dinamiche del mondo dell’arte. Portare la prospettiva esterna di un artista all’interno di un piccolo centro abitato non è un’operazione dall’esito scontato e le variabili che possono determinare la buona riuscita o il fallimento di un progetto – ma sarebbe meglio parlare di ricezione, positiva, negativa o mancata - sono tantissime. C’è un filo rosso che accomuna tutti gli interventi che sono stati accolti bene dalle comunità, ed è la capacità - in primis dell’artista - di ascoltare, captare segnali e creare connessioni. Questo può accadere con strategie e modalità diversissime, dalla frequentazione casuale dei luoghi di aggregazione – bar, trattorie, negozi e botteghe, uffici postali, parrucchieri e barbieri, chiese, farmacie, scuole, circoli ricreativi e altri – alla ricerca di contatti mirati (artigiani, professionisti, storici, geologi, professori, tecnici, impiegati comunali) o al reperimento di informazioni specifiche di carattere storico, antropologico o socio-economico, per citarne alcune.
Sono tantissimi e molto ampi i temi affrontati all’interno dei progetti in questi cinque anni, dalla mancanza di infrastrutture di base all’isolamento geografico e culturale e al progressivo spopolamento delle aree interne, dall’invecchiamento della popolazione alla sopravvivenza dell’immenso patrimonio degli usi, delle lingue, delle tradizioni locali e dei mestieri artigianali, dall’erosione degli spazi di socialità alla riformulazione delle diverse identità di una comunità, fino ad arrivare alla recente turistificazione dei borghi (o “borgomania” come viene definita da Antonio De Rossi nella raccolta di saggi Contro i borghi) e ai cambiamenti, naturali o dovuti all’antropizzazione, che investono il territorio e l’ambiente.
In parallelo, i luoghi toccati all’interno delle singole regioni e province sono molto diversi tra loro e danno un’idea dell’incredibile ricchezza del paesaggio italiano, dai borghi marinari o lacustri ai paesi di montagna passando per i villaggi medievali fortificati, i centri appenninici e le aree interne dove è facile imbattersi in frazioni abitate da qualche decina di persone.
Una tale complessità non sarebbe gestibile senza una rete ramificata che assicuri una presenza capillare sul territorio. Qui entrano in gioco i curatori regionali, figure imprescindibili nell’economia del progetto il cui ruolo fondamentale è quello di “preparare il terreno” e facilitare i rapporti tra l’artista, gli abitanti e l’amministrazione locale, mediando e costruendo basi solide affinché il progetto artistico possa svilupparsi e inserirsi in modo equilibrato nel contesto e non risulti calato dall’alto. Legati al territorio in cui operano, i curatori regionali hanno in mano il progetto a livello locale e ne curano il coordinamento aprendo porte e creando ponti tra gli artisti e la comunità. Anche grazie al loro lavoro, quasi la metà dei progetti realizzati ha lasciato una traccia permanente nei luoghi toccati, attraverso donazioni degli artisti o acquisizioni da parte dei Comuni o di privati, andando a formare un itinerario parallelo all’edizione in corso, attivo tutto l’anno.
Partendo da queste premesse, come si può raccontare in un unico spazio espositivo qualcosa che accade simultaneamente in venti luoghi diversi sparsi in ogni angolo d’Italia? Da dove partire per rendere conto, anche solo in minima parte, di un intreccio così vasto e complesso di storie, accadimenti, incontri e relazioni?

Senza la pretesa utopica di voler restituire un quadro esaustivo, Dove non sono mai stato, là sono riunisce una moltitudine di tracce, frammenti e testimonianze di varia natura generate nel corso delle cinque edizioni, muovendosi tra tempi e luoghi diversi e mettendo in atto un processo di “scavo” e ricostruzione di stampo quasi archeologico.